Sui Prati del Tonale, 94 stelle alpine

Agli inizi di marzo, da remoto, è stato presentato il secondo libro di Sergio Boem, che racconta di una scoperta sorprendente

Giancelso Agazzi

 

Venerdì 4 marzo 2022 alle ore 20,30 si è tenuto un webinar per la presentazione del libro di Sergio Boem dal titolo “Sui prati del Tonale: 94 stelle alpine, 1918-i dimenticati di cima Cady”. La serata è stata promossa dal Centro per gli Studi Val di Sole, dal Circolo Culturale Ghislandi Val Camonica, dai comuni di Vermiglio e di Ponte di Legno, con il patrocinio della Cassa Rurale e del BIM dell’Adige.

Ha introdotto l’evento Marcello Liboni del Centro Studi per la Val di Sole.

Liboni si è posto la domanda se la Storia sia maestra di vita o se, invece, ci condanni a ripetere sempre gli stessi errori, alla luce del recente conflitto in Ucraina. Liboni ha affermato che l’ignoranza in materia di Storia non sarà mai una buona alleata, chiedendosi quale sia l’effettiva capacità dell’uomo di mettere al bando l’uso della violenza e di rinunciare alle armi. La Grande Guerra è stata fonte di sofferenze, di paure e di angosce che travolsero i soldati verso la fine del 1918 sui monti del Tonale.

Primo conferenziere della serata è stato il professor Udalrico Fantelli di Vermiglio (Tn) che è intervenuto per aiutare, con notizie storiche, a contestualizzare il fatto descritto nel libro: la scoperta che, qualora confermata, è davvero incredibile, di una o più fosse contenenti i corpi di 94 soldati imperiali, mai recuperati, caduti sui monti del Tonale nel corso degli ultimi mesi del 1918.

 Il relatore ha ricordato che nell’estate del 1997 la Società Storica della Guerra Bianca, in collaborazione con il Centro Studi Val di Sole, il comune di Vermiglio e la Provincia Autonoma di Trento, ha organizzato presso il passo del Tonale il convegno dal titolo “Memorie e futuro di un fronte dimenticato”, a cura dello studioso Luciano Viazzi. Nel contesto generale il fronte sud italiano della Grande Guerra rappresentò un’entità minore, poco paragonabile ai due contrapposti orientale russo e occidentale franco-inglese, ma non priva di accadimenti di grande rilievo strategico e militare. L’idea di realizzare l’”impresa valanga” (Lawine Expedition) del giugno 1918 da parte dei comandi austro-ungarici fu innovativa, ma al momento stesso rischiosa e temeraria per gli strateghi imperiali. Avrebbe dovuto essere il preludio della battaglia definitiva sul fronte del Piave.

Il passo del Tonale, di riconosciuta valenza strategica per la sua posizione tattica, fu scenario di eventi significativi sotto il profilo militare. Di fatto, il progetto di sfondamento sul Tonale si rivelò fallimentare. Già l’aveva previsto Tullio Marchetti di Molveno, capo ufficio informazioni della Prima Armata Italiana e, amaramente, ne dovette prendere atto il comandante austro-ungarico del I° Rayon colonnello Von Lempruch. Quest’ultimo, sebbene fosse stato designato dai comandi imperiali come motore dell’iniziativa di sfondamento, si dichiarò incapace di eseguire l’azione con le forze a disposizione. Il quantitativo venne ritenuto troppo esiguo per un’operazione in grande stile.

In Val di Sole erano presenti solo due divisioni austro-ungariche con circa quarantamila soldati e diecimila cavalli. L’operazione si svolse nell’arco di tre giorni: iniziò all’alba del 12 giugno 1918, si espanse la sera del 13 e si concluse il 14. Il tuono dei cannoni venne udito fino a Brescia e a Como. Il fronte italiano non si sgretolò, e, dal canto loro, gli Austro-ungarici avanzarono solo sul Monticello di Mezzo e sul crinale della cima Cady. A sostenere la spallata del nemico, facendola fallire, furono i battaglioni Monte Rosa, Valle Camonica e Monte Clapier. L’”impresa valanga” finì prima di iniziare. Il bilancio delle vittime non venne mai fatto, ma fu molto pesante: 300-400 morti italiani e 2300-2400 morti imperiali. Fu un vero bagno di sangue, come descritto dal tenente Gianmaria Bonaldi, detto “la Ecia”, il quale scriveva: la vasta piana del Tonale e le pendici del Monticello e della cima Cady erano un tragico viluppo di morti uno sull’altro, cataste di morti sui punti più contesi. Ovunque si udivano le spaventose grida dei feriti, mentre lo sciabolare delle lame luminose dei riflettori frugava tra i fianchi della montagna.  Anche Vittorio Maini, cappellano militare del battaglione Monte Clapier, raccontò che i cadaveri dei nemici e i moribondi si ammucchiavano ovunque. Tra le trincee nemiche a governare era la morte. I feriti vennero spediti in valle. Alcuni cadaveri nemici furono seppelliti, ma numerosi altri ebbero per tomba solo la neve. E sul passo del Tonale di neve ce n’era ancora molta alla fine di giugno.

I pastori che nel 1919 ritornarono sulla sella del Tonale con le loro greggi richiesero l’intervento militare per dare sepoltura alle salme disseminate lungo il passo. E così fu: per tumulare i morti intervenne il battaglione Monte Rosa di presidio a Malè.

È seguito l’intervento di Sergio Boem, autore del libro.

Definito nella quarta di copertina un “cacciatore di ricordi”, Boem ha ricostruito memorie forse perdute. Pochi sono stati nel corso della Grande Guerra gli avvenimenti che hanno messo in rilievo il passo del Tonale.

Sergio Boem è nipote di Ubaldo Ingravalle, ufficiale degli Alpini, appartenente al battaglione Valle Camonica, che fu impegnato sul monte Grappa alla fine del 1917. Era di Roma e non era solito raccontare molto degli avvenimenti bellici, come, del resto, consuetudine dei reduci. Non aveva mai visto la neve prima della guerra. Era un appassionato di automobili e di teatro.

Boem, come lui stesso ha raccontato, è andato a caccia di antiche testimonianze, cercando notizie presso l’archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito di Roma. Così ha scoperto le 3500 pagine del diario del battaglione Valle Camonica, ricostruendo alcuni avvenimenti, spesso narrati in prima persona. Il tutto con l’aiuto del Circolo Culturale Ghislandi. Da qui il progetto del libro e le successive realizzazione e pubblicazione. In realtà si tratta del suo secondo libro. Il primo si intitola “Tra le pieghe di una vita”.

 

Focus sull’”impresa valanga”

 

 La Lawine Expedition, l’“impresa valanga” era partita la mattina del 12 giugno 1918, mentre si stava preparando la battaglia del Solstizio, la seconda del Piave. I militari austro-ungarici puntavano su Edolo, su Brescia e, successivamente, sulla presa di Milano. Otto furono i battaglioni alpini schierati sul fronte italiano per contrastarli, e fu il massacro. Si dovette arrivare al 2019 affinché, tra le grandi buche provocate dalle granate nella zona del Tonale, venisse notata una fossa con probabile presenza di resti umani. Immediatamente la scoperta è stata segnalata alle autorità (Carabinieri e Sovraintendenza). Purtroppo, l’incartamento relativo al caso dal settembre 2019 giace in attesa di essere valutato. Se la scoperta venisse confermata sarebbe di certo un evento straordinario, data la grande quantità di corpi dimenticata da 103 anni. A oggi è difficile immaginare quale potrebbe essere il modo migliore per dare finalmente dignità a quei poveri resti. Il nonno di Sergio Boem lo avrebbe voluto con tutto il cuore.

Terzo relatore il professor Franco Nicolis, direttore dell’Ufficio dei Beni Archeologici della provincia di Trento, il quale ha fatto presente che il recupero dei morti evoca ricordi e richiede sia rispetto, sia sensibilità. Il lavoro svolto dall’archeologo non è certo asettico: curiosità, interesse, desiderio di conoscenza e gusto per la scoperta si mescolano e spingono a cercare e ancora a cercare. Le reliquie hanno un potere enorme e più ancora i resti umani.

Ma, al di là degli aspetti psicologici, esiste un regolamento di polizia mortuaria che impone di segnalare il ritrovamento di spoglie umane ai Carabinieri, i quali devono provvedere ad avvisare il magistrato, a cui spetta fornire il nulla osta per il recupero.

Il commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra (conosciuto anche come Onorcaduti) ha il compito di occuparsi dei resti dei soldati in Italia e all’estero, anche tenendo conto che nella loro gestione vi è anche un aspetto di sacralità. Nel caso del Trentino esiste una collaborazione con Onorcaduti, mentre è la Croce Nera Austriaca a occuparsi dei soldati austro-ungarici caduti. Il recupero con scavo archeologico indaga su tutto il ritrovamento, analizzando attentamente ciò che è presente. Viene effettuata una decostruzione ragionata di un contesto, documentando via via quanto rilevato. Quello che viene individuato nello scavo deve essere lasciato dov’è: ci si deve limitare a descriverlo, anche raccogliendo più informazioni possibile da quanto si osserva e cataloga. Dei resti umani non si può fare commercio, a essi si deve rispetto, e, possibilmente, si deve dare loro un’identità. Il professor Daniel Gaudio, bioantropologo della Durham University, cerca di ricavare dai tessuti umani tutte le informazioni indispensabili, età, sesso, malattie, ferite, dentatura, allo scopo di ricostruire un profilo biologico. Esistono tecniche analitiche che aiutano a reperire numerose notizie sull’identità del soggetto, consentendo di perseguire il nobile fine di restituire ai caduti il loro nome.

 

 

 

 

Titolo: Sui prati del Tonale 94 stelle alpine:1918-i dimenticati di cima Cady”, autore: Segio Boem, Casa editrice: Rendena, prezzo: 17,10 euro