IL CONVEGNO SCOZZESE SUGLI INFORTUNI IN MONTAGNA E AL MARE

Il 6 aprile 2024 è svolto a Aberdeen l’8° simposio sull’ipotermia accidentale come conseguenza di infortuni in quota e in acqua.

Tanti i relatori per un tema che lascia ancora molto spazio alla discussione.

Giancelso Agazzi

 

L’introduzione del convegno è stata fatta da remoto dal cardiochirurgo svizzero di Ginevra Beat Walpoth. Il relatore ha parlato delle innovazioni nel campo delle raccomandazioni e del trattamento dell’ipotermia. Ha ricordato i 350 casi di ipotermia riportati nel registro specifico, che si sono verificati sia in montagna sia in mare.

Hermann Brugger è, poi, intervenuto con una presentazione dal titolo “Hypothermia management in the mountain environment, what is the key?”. Ha parlato dell’incidente avvenuto nel 2019 sulla parete Sud della Marmolada, dove un alpinista, colpito da un forte temporale, è stato vittima di un’ipotermia accidentale severa. La temperatura esofagea era di 26 gradi. Recuperato con il verricello da un elicottero dell’elisoccorso, dopo un arresto cardiaco di nove ore, il paziente è stato trasportato in ospedale dove è stato sottoposto a trattamento con ECMO per cinque ore. È stato dimesso con un completo recupero. Brugger ha, poi, descritto il caso dell’incidente da valanga avvenuto al Ratschings il 28 febbraio 2024, presso il Glaitner Hochjoch a 2389 metri di quota in Alto Adige, vicino al confine italo-austriaco. Tre sci-alpinisti sono stati sepolti da una valanga sotto 1-4 metri di neve per circa 4 ore. Due degli infortunati sono stati trasportati da un elicottero dell’Aiut Alpin Dolomites in ospedale in condizioni critiche, mentre un terzo sci-alpinista è stato estratto dalla valanga in asistolia dopo che è stato sdraiato sulla schiena, in arresto cardiaco al momento dell’estrazione ed è deceduto. L’infortunato si trovava in posizione prona, a faccia in giù, con vie aeree pervie. La temperatura era di 20,7 gradi. Sono stati praticati la CPR meccanica e il trattamento con ECMO. Non si sa se fosse presente al momento del disseppellimento un air pocket. Vi era ancora respirazione spontanea. Brugger ha, poi, parlato del caso di una ragazza tedesca di 16 anni trovata morta dopo 6-8 ore di esposizione al freddo a -18 gradi in un bosco nei pressi di San Candido in Val Pusteria. In asistolia è stata dichiarata morta sul luogo del ritrovamento. L’autopsia ha confermato la l’ipotermia quale causa di morte. Il relatore ha sottolineato l’importanza dell’utilizzo dell’Hope Score, molto semplice e facile da applicare, in caso di arresto cardiaco ipotermico non testimoniato, in ospedale, utile per prendere una decisione. Fattori determinanti: età, sesso, asfissia, durata della CPR, valore del potassio serico, temperatura del core. Per prevenire l’aggravarsi dell’ipotermia e l’arresto cardiaco è fondamentale rendersi conto della situazione, prendendo in modo adeguato le prime decisioni nella fase pre-ospedaliera tramite un’attenta valutazione dell’infortunato. Il paziente va, successivamente, valutato nel corso della fase ospedaliera, durante il riscaldamento e nella fase successiva (post-rewarming).

Paddy Morgan, medico inglese, ha presentato, da remoto, una relazione dal titolo “Cold water immersion & drowning”. L’annegamento è un processo che implica un impedimento alla respirazione provocato dalla sommersione/immersione in un liquido. Può causare morte, morbidità e non morbidità. Si verificano uno stato di ipossia (anossia cellulare) e di ipotermia che possono portare all’arresto cardiaco e alla morte. La gestione iniziale prevede l’aspirazione, l’intubazione, l’utilizzo dei presidi per le vie aeree sopraglottiche, la somministrazione di ossigeno, PEEP (pressione espiratoria positiva), il drenaggio gastrico, il supporto cardiovascolare, il riscaldamento ed eventualmente l’ECLS (supporto vitale extra-corporeo). Oltre a ciò si possono attuare la ventilazione prima dell’arresto cardiaco; nel post ROSC si devono garantire l’iperossiemia, la normocapnia e l’idratazione. Il tempo ricopre un ruolo cruciale. Vanno valutate la presenza di un air pocket, la temperatura dell’acqua, il grado di salinità e l’ECLS precoce. Fattori determinanti la durata della CPR, l’età, la temperatura del core, il potassio serico, l’HOPE Score, la durata della sommersione.

Peter Paal, medico anestesista del St. John God Hospital Paracelsus Medical University di Salzburg, ha parlato del “Cold child”. Il relatore ha illustrato fisiopatologia, diagnosi e terapia del bambino ipotermico. Il consumo di ossigeno si riduce del 7% per ogni grado in meno di temperatura corporea. Il relatore ha citato il caso di un bambino di due anni e mezzo, che è stato sommerso dall’acqua fredda per almeno 66 minuti con una temperatura corporea di 19 gradi. Sottoposto a ECLS e riscaldamento ha avuto un recupero completo.

Un altro bambino di sette anni, sommerso in acqua ghiacciata per almeno 83 minuti, con un potassio serico di 11,3 mmol/L., dopo ECLS e riscaldamento, ha recuperato completamente. Un arresto cardiaco provocato da un’ipotermia accidentale severa può essere risolto anche dopo sei ore e trenta minuti di rianimazione cardio-respiratoria. L’ipotermia deve precedere l’ipossia se si vogliono avere maggiori probabilità di evitare all’infortunato conseguenze irreparabili. Un raffreddamento involontario può verificarsi sul luogo dell’incidente, nel corso del trasporto, in ospedale e nel corso di un intervento chirurgico.

Il riscaldamento può essere effettuato senza supporto cardiaco: ambiente riscaldato, vestiti caldi, bevande zuccherate e riscaldate e movimento, riscaldamento attivo esterno e minimamente invasivo: ambiente riscaldato, sostanze chimiche, dispositivi elettrici, aria forzata, pacchetti, coperte, liquidi somministrati per via parenterale caldi. Possono essere effettuati la dialisi peritoneale, l’emodialisi, il lavaggio toracico o l’ECMO veno-venosa. Il riscaldamento può avvenire mediante supporto cardiaco con ECMO artero-venosa o con CPB (bypass cardiopolmonare). L’arresto cardiaco ipotermico avviene di solito al di sotto dei 30 gradi. La sopravvivenza dopo la dimissione dall’ospedale è del 73%, con un recupero delle funzioni del sistema nervoso dell’89%. In uno studio effettuato su 221 pazienti in arresto cardiaco ipotermico non testimoniato riscaldati tramite ELS (extracorporeal life support) il 27% è sopravvissuto, l’83% senza sequele di tipo neurologico. Le linee guida ERC del 2021 raccomandano che ogni bambino che può avere una probabilità di una prognosi favorevole dovrebbe essere trasportato il prima possibile presso un centro pediatrico di riferimento dotato di ECLS o CPB. Tali linee guida stabiliscono di non utilizzare l’HOPE Score, sentendo, invece, il parere di un esperto. In conclusione la terapia convenzionale dovrebbe essere iniziata nei bambini vittime di annegamento con OHCA (arresto cardiaco extra-ospedaliero). Nel caso non vi sia il ROSC è prudente valutare le cure intensive, se la temperatura del core sia inferiore a 34 gradi. Viene suggerito l’utilizzo dell’International Hypothermia Registry. Il bambino si raffredda più in fretta dell’adulto. L’arresto cardiaco ipotermico nel bambino può avere una prognosi più favorevole rispetto all’adulto. Nel bambino ipotermico in arresto cardiaco senza ROSC è consigliato ricorrere all’ECMO. Il riscaldamento di tipo convenzionale va praticato solo nei bambini che hanno avuto il ROSC. Nel formulare una prognosi, anche se si tratta di bambini, si può ricorrere all’HOPE Score.

Sam Freeman ha parlato di “RNLI perspective: the Maritime Environment”. Una grande quantità di competenze è richiesta per operare in sicurezza e con efficienza in un ambiente difficile. Occorre sapere affrontare situazioni complicate, essere in grado di prendere decisioni al momento opportuno ed essere bene addestrati.

Allison Gallagher, medical officer della “Scottish Cave Rescue Organisation” (SCRO), ha parlato del “Cave rescue: challenges of keeping someone warm”. Il relatore ha fatto presente le difficoltà che si incontrano durante i soccorsi in ambiente ipogeo: umidità, freddo, acqua, fango. Risulta complicato muovere il paziente in piccoli spazi, riuscendo a far passare una barella.

Marie Nordgren dello “Swedish Mountain Rescue” ha parlato di “How the Swedish Mountain Rescue and Ski Patrol prevent hypothermia”. La catena montuosa svedese è lunga circa 850 chilometri, situata per un terzo al di sopra del Circolo Polare Artico. Talvolta si devono percorrere grandi distanze per effettuare missioni di soccorso. Si verificano in genere tra i 30 e i 45 casi di ipotermia nel corso di un anno. La maggior parte degli incidenti si verifica a causa di traumi o di ipotermia accidentale. Pochi sono gli elicotteri a disposizione sul territorio. Per prima cosa si deve cercare di prevenire le perdite di calore nelle vittime di incidenti in montagna. È opportuno pre-riscaldare la barella prima di effettuare il trasporto di un infortunato. Per riscaldare e proteggere i pazienti si possono utilizzare guanti pesanti, berretti e coperte di lana. Mediante un opportuno riscaldamento si possono anche ridurre il dolore e lo stato d’ansia. La relatrice ha parlato delle popolazioni indigene Sami che abitano in Svezia e di come sanno prevenire l’ipotermia. Le renne sono dotate di un particolare sistema di protezione dal freddo. Il loro pelo assicura, tramite uno strato di aria, il riparo. I Sami prevengono l’ipotermia mediante l’uso di calzature fatte con il fieno, raccolto alla fine di agosto, quando ha molte fibre, che isolano dal freddo. Anche Ötzi “the iceman” portava calzature fatte con il fieno, quando venne trovato nel 1991. Si tratta delle antenate delle scarpe, risalenti a 5300 anni fa.

È seguita una presentazione a cura del medico inglese Mike Green dello “Scottish Mountain Rescue” dal titolo “Is it safe to walk mildly hypothermic casualties from the mountains?”. Il relatore ha illustrato le linee guida riguardanti il paziente moderatamente ipotermico. Quest’ultimo va isolato dal freddo e alimentato adeguatamente. La mobilizzazione deve essere effettuata evitando di aggravare l’ipotermia e facendo attenzione al fenomeno dell’afterdrop. Green ha parlato di uno studio di tipo retrospettivo su 118 casi di escursionisti moderatamente ipotermici (108 valutabili) tra i 18 e gli 80 anni, 58% maschi e 42% femmine, con temperatura corporea compresa tra 32 e 35 gradi. I soggetti si sono ripresi senza sequele dallo stato di ipotermia accidentale moderata. Quasi tutti i pazienti erano lucidi e in grado di camminare. Quattro di loro hanno dovuto essere trasportati con un mezzo fuori strada e uno è stato evacuato in elicottero. Nel 50% dei casi i soccorsi sono intervenuti in 30 minuti o meno. Una diminuzione di 1-1,5 gradi della temperatura corporea non pare sufficiente per determinare un arresto cardiaco. Di fondamentale importanza sono la condizione fisica, l’allenamento, la natura del terreno e le condizioni meteorologiche.

Evelien Cools degli Hospitals of Geneva University e medico svizzero della Rega ha parlato di “Defibrillation of hypothermic arrested patients-the latest evidence-“. Uno studio effettuato sui ratti ha evidenziato che l’ipotermia altera la velocità della conduzione a livello cardiaco, mentre nell’uomo la frequenza cardiaca, la conduzione ventricolare e la ripolarizzazione rallentano, facilitando la comparsa di aritmie. Le linee guida in caso di arresto cardiaco ipotermico raccomandano, qualora la fibrillazione ventricolare (VF) persista dopo tre defibrillazioni, di ritardare altre defibrillazioni finché la temperatura corporea sia superiore a 30 gradi. Non va usata l’adrenalina se la temperatura corporea è inferiore a 30 gradi. In generale, può essere ragionevole defibrillare secondo l’algoritmo standard BLS in accordo con le strategie di riscaldamento. Può essere ragionevole la somministrazione di epinefrina durante un arresto cardiaco secondo l’algoritmo standard ACLS (advanced cardiovascular life support), secondo le strategie di riscaldamento. Nel caso in cui il monitor e il defibrillatore segnalino una VF in un paziente con una temperatura del core al di sotto di 30 gradi dovrebbe essere effettuata una singola defibrillazione con la massima potenza. La somministrazione di ripetute defibrillazioni produce effetti sul miocardio nel cuore isolato di ratti. Importante è la misurazione della temperatura esofagea. Il paziente va trasportato presso un centro ECLS. Se necessario (cattivo tempo o terreno accidentato) al paziente in arresto cardiaco può essere praticata la CPR durante il tragitto verso l’ospedale. La presenza di un defibrillatore automatico esterno deve far parte dell’equipaggiamento medico di ogni squadra di soccorso in montagna, soprattutto se ci si trova di fronte a un soggetto vittima di una ipotermia accidentale.

Giacomo Strapazzon, direttore dell’Istituto di Medicina di Emergenza in Montagna dell’Eurac di Bolzano e presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna, ha parlato di “Towards hypotermia skipping asphyxia in avalanche burial? SAFEBACK study”. Il relatore ha illustrato uno studio che è stato effettuato nel marzo del 2023 su 30 individui sani a Bolzano, divisi in due gruppi: uno di controllo e uno di lavoro. I probandi sono stati sepolti sotto uno strato di neve di 60 centimetri fino a raggiungere una saturazione in ossigeno al di sotto del 75%. Lo studio è stato effettuato con l’intento di studiare la fisiopatologia del seppellimento in valanga, cercando di prevenire l’ipossia.

La sopravvivenza dopo un travolgimento in valanga dipende dalla durata del seppellimento, dallo spessore dello strato di neve che ricopre la vittima e dalla presenza di un air pocket. Sono state valutate le strategie da adottare, compresa la curva di sopravvivenza e la densità della neve. L’ostruzione delle vie aeree può provocare uno stato di ipercapnia. Come già più volte affermato in precedenza, fondamentale è la prevenzione e il soccorso prestato in modo tempestivo da eventuali compagni presenti sul luogo dell’incidente. Il miglioramento dei mezzi di ricerca elettronici, l’informazione e le tecniche di estrazione possono essere di grande aiuto. La percentuale di sopravvivenza tra le vittime di un incidente causato da una valanga in arresto cardiaco e con ECLS è più bassa (11,8%) rispetto alle altre cause di ipotermia (47-63%).

Sam Freeman ha parlato di “Mythbusters: coastal water in Scotland rarely falls below 6 degress”. Nel corso di soccorsi in mare vanno valutati l’attendibilità del tempo di sommersione sul terreno, la presenza di un trauma, l’HOPE Score e il recupero da parte del corpo. In Scozia la temperatura dell’acqua del mare raramente scende al di sotto dei sei gradi centigradi.

È seguita una relazione a cura di Ian Peachy del “British Cave Rescue Council, Casualty Bag” dal titolo “The futures light, the futures electric”. In questo tipo di soccorso in grotta occorrono barelle idonee e splint che si adattino a spazi molto ridotti, abilità, adattamento al freddo, all’acqua, all’umidità, all’oscurità e al fango che è dappertutto.

Les Gordon, consultant anaesthetist dell’University Hospitals Morecambe Bay Trust e del Langdale Ambleside Mountain Rescue Team, ha parlato di “What if non-ECLS rewarming is the only option?” (lessons from published case reports). L’ECLS rappresenta il gold standard in caso di ipotermia severa, soprattutto complicato da arresto cardiaco, ma per molte ragioni talvolta non è accessibile. Non ci sono studi scientifici riguardanti l’ECLS. Esistono informazioni provenienti da report di casi vari, suddivisi in ipotermia primaria (lesioni che impediscono il movimento, anziani, senza cause predisponenti) e in ipotermia secondaria con cause predisponenti (uso di farmaci utilizzati per svago, alcol, tentato suicidio, malattie croniche, comprese le malattie mentali, demenza, alcune terapie come quelle antipsicotiche, malattie acute devastanti come stroke, fragilità negli anziani). Sono stati riportati 244 casi pubblicati tra il 1951 e il 2023 (148 maschi e 95 femmine, uno non valutabile), con età fino a 102 anni, compresi 34 neonati. I casi descritti di ipotermia primaria sono stati 93 (38%), mentre quelli di ipotermia secondaria 151 (62%) e 100 i soggetti che hanno assunto farmaci o alcol 100 (41%). I casi di immersione in acqua sono stati 26 (11%). In 45 casi i pazienti erano coscienti (18%) e 32 (13%) presentavano rigidità muscolare. La temperatura corporea più bassa rilevata è stata di 14,8 gradi. Nell’87% dei casi (213) i pazienti sono sopravvissuti, mentre il 13% (31) è deceduto. In 198 casi erano presenti segni di vita, mentre non erano presenti segni di vita in 46 soggetti. Si raccomanda di proteggere immediatamente il paziente isolandolo dal terreno e di effettuare un riscaldamento di tipo aggressivo utilizzando varie tecniche simultaneamente. Si deve cercare di portare la temperatura corporea a oltre 30 gradi: ciò ridurrà il rischio di arresto cardiaco, mentre se il paziente è già in arresto cardiaco, l’aumento della temperatura corporea faciliterà la comparsa del ROSC. Essenziale è l’idratazione.

Il norvegese Sigurd Mydske ha parlato dell’utilizzo di una barriera di vapore in associazione con un riscaldamento esterno di tipo attivo nei pazienti stressati dal freddo, una tecnica efficace, in grado di bloccare la perdita di calore tramite evaporazione e di potenziare le proprietà di isolamento degli altri materiali utilizzati.

Il medico svizzero del GRIMM Niels Holsthof ha illustrato alcuni casi clinici di arresto cardiaco dovuto a ipotermia. Tra questi un uomo di 26 anni, in ottima forma fisica, che è andato incontro a ipotermia, con assenza di segni vitali, in stato di incoscienza. Dopo tre defibrillazioni in seguito a VF e PCR di tipo meccanico, il paziente è stato ricoverato in ospedale e sottoposto a ECMO e valutato con HOPE Score. Si è risvegliato ed è stato estubato dopo due ore. È stato dimesso dopo 22 giorni di ricovero con una neuropatia periferica causata dall’esposizione al freddo e con danni dovuti alla rabdomiolisi.

Un altro paziente ipotermico è stato soccorso nelle isole Orcadi dall’Orkney Rescue Team e trasportato in elicottero presso la Royal Infirmary di Aberdeen con una temperatura corporea di 24 gradi. È stata praticata CPR per tre ore e sono stati somministrati liquidi riscaldati. Dopo una settimana è stato dimesso senza sequele di tipo neurologico.

Kevin, cardiologo dell’Imperial College Heartcare, ha descritto il caso di una donna trovata in stato di ipotermia in un fiume in arresto cardiaco. Sono state somministrate quattro defibrillazioni e applicato il Lucas (defibrillatore meccanico automatico). La CPR è durata 172 minuti. La paziente è stata sottoposta a trattamento con ECMO. Il potassio serico era di 3,4 mmol/L, e l’HOPE score 87%. Il ROSC è comparso dopo 315 minuti dall’arresto cardiaco. Dopo dieci giorni la donna è stata dimessa dall’ospedale senza sequele.

Alla fine John Ellerton, presidente della commissione medica della Cisa-Ikar, ha moderato una panel discussion e ha, successivamente, chiuso i lavori del simposio.