Congelamenti: classificazione e tipo di trattamento

A febbraio in una conferenza del GRIMM di Sion si è affrontato in maniera esaustiva il tema dei congelamenti

G.C. Agazzi

 

Il 10 febbraio 2021 Anne Marie Magnan e Rodrigue Pignel degli Hôpitaux Universitaires de Genève hanno parlato in videoconferenza della gestione dei congelamenti. Si è trattato di una delle conferenze organizzate periodicamente dal GRIMM (Group d’Intervention Médicale en Montagne) di Sion in Svizzera.

La presentazione è stata l’occasione per ricordare Emmanuel Cauchy, che fu un grande medico di montagna francese, guida alpina di Chamonix, autore di una classificazione dei congelamenti.

Per prima ha parlato Anne Marie Magnan per illustrare il Projet SOS Gelure, nato da una cooperazione transfrontaliera esistente tra Francia (Hôpitaux du Pays du Mont Blanc, Service des Urgences) e Svizzera  (Hôpitaux Universitaires de Genève, Unité de  Médecine Hyperbare).

 

Fisiopatologia dei congelamenti:

 

Il congelamento è una patologia specifica e poco frequente, caratterizzata da una lesione localizzata determinata da un’esposizione a basse temperature. È provocata da un’ischemia acuta dovuta all’esposizione prolungata al freddo intenso. Il danno tissutale presenta una prognosi che dipende dalla vitalità delle ossa. Colpisce coloro che praticano attività di vario tipo in montagna (alpinismo, volo libero e frequentazione di zone polari), militari che lavorano in condizioni estreme, soggetti senza fissa dimora, vittime di incidenti domestici o del lavoro, personalità psichiatriche o migranti.

Tra i fattori favorenti il vento, l’umidità, l’alta quota, un equipaggiamento inadeguato, indumenti troppo stretti che possono ostacolare la circolazione sanguigna in particolare a livello degli arti.

 

La prevenzione:

 

 Spiace sottolineare l’ovvio, ma, per prevenire i congelamenti c’è solo un modo: proteggersi dal freddo. Va da sé, dunque, che occorre coprirsi la testa e usare guanti e calzature comodi e caldi e, più in generale, adottare un abbigliamento tecnico in grado di proteggere dal vento e dall’umidità.

 

 

Le fasi

 

 Esiste una fase 1 di raffreddamento accompagnata da anossia dei tessuti dovuta a una vasocostrizione periferica (chiusura degli sfinteri pre-capillari e apertura degli shunt artero-venosi) con arresto della microcircolazione. Nel corso della fase di raffreddamento 2 si assiste al fenomeno della sopraffusione caratterizzato anche dal congelamento del plasma, accompagnato da necrosi secondaria progressiva. La fase di raffreddamento (3) colpisce il tessuto endovascolare, il tessuto nervoso, il tessuto osseo e il midollo osseo. Si verifica un congelamento dei liquidi tissutali, con formazione di piccoli cristalli termodinamicamente instabili.  La successiva fase è quella della mummificazione che è lenta e lunga (da 7 a 45 giorni), accompagnata da riorganizzazione, cicatrizzazione ed evoluzione dei tessuti devitalizzati. Vi possono essere o gangrena secca, o gangrena umida, che può richiedere l’amputazione d’urgenza.

 

In più

In caso di riscaldamento lento si assiste al fenomeno deleterio della ricristallizzazione. Nel corso della fase di riscaldamento (1) vi è nello stadio precoce una fase di coagulazione con arresto della microcircolazione. Si tratta di una fase importante dal punto di vista prognostico e per la classificazione del tipo di congelamento. Nel corso della fase di raffreddamento si verificano un’ipossia a carico dei tessuti causata da una vasocostrizione e una cristallizzazione.

 

 

Classificazione dei congelamenti:

 

 La relatrice ha parlato della classificazione dei congelamenti. Lo stadio di un congelamento viene determinato dopo il riscaldamento, che può essere, per esempio, rappresentato dall’immersione della parte congelata in acqua calda. Dopo un’ora di trattamento la pelle assume una determinata colorazione. Se la pelle mostra un colore rosso, per esempio a livello dell’ultima falange di un dito, ci si trova di fronte a uno stadio 1, il più lieve con scomparsa di una lesione iniziale che necessita di un trattamento ambulatoriale e somministrazione di aspirina per dieci giorni per fluidificare il sangue. Il recupero è totale. Lo stadio 2 è caratterizzato da una colorazione grigio-violacea, con persistenza della lesione iniziale a livello di una o più falangi distali (se, ovviamente, si tratta di dita). Si deve osservare l’espansione in senso centripeto: se si verifica, esprime il peggioramento. Per lo stadio 2 in genere non è necessaria un’amputazione, anche se, comunque, ci possono essere complicazioni a livello dei tessuti. I primi due stadi non necessitano di ospedalizzazione. Lo stadio 3 comporta la persistenza della lesione iniziale, che deborda, nel caso della mano o del piede, su almeno un’articolazione interfalangea distale: in questo caso il rischio di amputazione varia dal 31 al 67 per cento. Lo stadio 4 è caratterizzato dalla persistenza della lesione iniziale e coinvolge almeno un’articolazione metacarpo-falangea (nel caso della mano) con un rischio di amputazione che varia dal 98 al 100 per cento. Gli stadi 3 e 4 necessitano di ospedalizzazione.

 

La diagnosi

 

In prima battuta la diagnosi viene effettuata attraverso la semplice osservazione clinica della parte.

Per quanto riguarda le indagini strumentali, la prima scelta è rappresentata dalla scintigrafia ossea con tecnezio 99, che possiede anche valore medico-legale.  In alternativa o in associazione si possono effettuare altri esami: Risonanza magnetica nucleare, doppler arterioso, ossimetria transcutanea e flux laser Doppler.

 

Trattamento:

 

 Un congelamento deve essere affrontato tempestivamente. L’ideale è che il trattamento venga effettuato entro le 24 ore, con un ritardo massimo di tre giorni. L’osso può, infatti, rimanere senza ossigenazione per un massimo di 72 ore. Più si tarda nell’effettuare la terapia, peggiore è la prognosi.

Ecco di cosa si dispone per la cura del congelamento:

 

·     Riscaldamento rapido, mediante immersione in acqua a 38-40°C per un’ora

·     Somministrazione di aspirina (250 mg) per via orale o endovenosa

·     Impiego locale di una lozione antisettica

·     Idratazione

·     Somministrazione di vari farmaci tra cui: antiaggreganti piastrinici, Ibuprofene, vasodilatatori, analoghi della prostaciclina

·     Trattamento farmacologico di trombolisi con rt-PA

 

    In più

Il trattamento con Iloprost, un analogo delle prostacicline, ha un effetto anti-aggregante piastrinico e produce vasodilatazione vascolare, aumento della pressione capillare, diminuzione dei radicali liberi, inibizione dell’adesione dei leucociti, attivazione della fibrinolisi. Il dosaggio del farmaco richiede un aumento progressivo e deve essere adattato alla condizione del singolo paziente.

Invece, l’utilizzo della trombolisi con rt-PA attiva la trasformazione del plasminogeno in plasmina, ha un’azione proteolitica sul coagulo di fibrina e sul fibrinogeno circolante, determina una lisi del trombo e presenta tra gli effetti indesiderati il rischio di emorragia.

 

Trattamenti adiuvanti:

 

Antibioticoterapia

Profilassi Tetano

Bendaggi giornalieri

Bendaggi con utilizzo di aloe

Liberazione delle flittene

Ossigenoterapia normobarica in alta quota

 

Trattamento con ossigenoterapia iperbarica:

 

È un trattamento non ancora accolto a pieno titolo in ambito scientifico, nonostante esista da 50 anni. Consiste nel far respirare ossigeno puro, allo scopo di incrementare l’afflusso di quest’ultimo nel sangue, a tutto vantaggio delle zone malate. Di fatto la metodica induce la formazione di nuovi piccoli vasi che aiutano a distribuire il sangue dove in quel momento serve maggiormente. Attualmente sono pochi i dati presenti in letteratura. Alcuni studi sono stati effettuati su animali. Esiste uno studio retrospettivo recente che mostra l’interesse per l’ossigenoterapia iperbarica effettuata precocemente. L’uso di questa terapia pare combattere l’ischemia tissutale, mentre

l’incremento della pressione di ossigeno svolge un’azione anti-edematosa. È segnalato, inoltre, un effetto batteriostatico e battericida, con un aumento del potere fagocitario dei leucociti e un’azione sinergica con alcuni antibiotici. L’incremento della pressione di ossigeno facilita anche la riparazione dei tessuti, grazie all’incremento dell’attività dei fibroblasti, della sintesi del collagene e dell’angiogenesi.

Uno studio prospettico effettuato su soggetti con congelamenti di terzo e quarto grado ha evidenziato che il numero di segmenti salvati è significativamente più elevato nel gruppo di soggetti sottoposti a ossigenoterapia iperbarica, il che equivale a meno amputazioni. Tale trattamento dovrebbe essere consigliato in modo complementare a quello classico anche tardivamente. Fermo resta che va determinato il più precocemente possibile lo stadio del congelamento. La classificazione va fatta dopo un bagno caldo a 38-40°C per un’ora. Occorre fotografare l’evoluzione del congelamento nel tempo, descrivendo per bene l’estensione della cianosi. È importante che il paziente sappia indicare con precisione il momento in cui il congelamento è iniziato. Va da sé che la prognosi è condizionata dai fattori di rischio.