In Presolana 150 anni fa

Antonio Curò, Federico Frizzoni e Pietro Medici il 3 ottobre 1870 scalarono (e misurarono) la vetta più alta della Regina delle Orobie

 

G.C. Agazzi

 

 

È una fra le più belle montagne delle Prealpi Orobiche e certamente fra le più popolari e le più visitate. Trovasi in una posizione splendida e domina, sovrana e sola, una grande estensione di vallate e di monti, senza che, nelle immediate vicinanze, alcun’altra vetta si innalzi a contrastarle l’invidiabile primato. Così, sul finire del 1914, in un abbozzo di guida, che, purtroppo, non potè terminare, definiva la Presolana Carlo Locatelli del G.L.A.S.G. (Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guida), caduto eroicamente sulle nevi della cima Presena il 26 maggio 1918 nel corso della Guerra Bianca.

La Presolana venne salita per la prima volta il 3 ottobre 1870 dall’ingegner Antonio Curò che, alcuni anni dopo, fondò la Sezione del CAI di Bergamo, divenendone il presidente. Con lui, il cugino Federico Frizzoni e ad accompagnarli Pietro Medici, tagliapietre di Castione, suggerito dal dottor Giovanni Comotti, cultore di scienze naturali, come guida esperta della piccola spedizione.

 Fu il coronamento di pazienti studi, osservazioni e una pianificazione meticolosa. Nel piccolo manuale Per la Presolana e i monti circostantirealizzato dalla Sezione del CAI di Bergamo, Antonio Curò e Federico Frizzoni raccontarono la loro impresa, ovvero la prima salita fino alla punta più alta della Presolana. La pubblicazione venne consegnata il 18 aprile 1876 a Pietro Medici, meglio conosciuto come Carlo.

I tre partirono dal Giogo della Presolana e raggiunsero la vetta facendovi misurazioni barometriche per trovare l’altezza della montagna.

Oltre che sul manualetto di Pietro Medici, la relazione della salita è descritta in undici pagine da Antonio Curò sul Bollettino numero 17, volume V° del CAI del 1870.

Riporta Curò: La mattina del 3 ottobre, verso le cinque e un quarto lasciammo la comoda cantoniera del Giogo, decisi a tentare l’ascensione della più alta vetta della Presolana dal lato meridionale. Alle sette arrivarono ai piedi delle rocce, dopo aver superato le malghe del Giogo e di Prada e la regione delle frane. Antonio Curò scrisse sul Bollettino del CAI questa riflessione personale: fa veramente pena il vedere a qual punto di squallido diboscamento siano  qui ridotte le falde dei monti; per l’ingordigia dei comuni di ricavare annualmente un magro affitto dei terreni comunali si tollera su larga scala il pascolo delle pecore e delle capre che distruggono radicalmente quantità di piantine resinose che spuntano qua e là e, rispettate, ripopolerebbero in pochi decenni di rigogliose selve i fianchi della montagna.

Dopo uno spuntino, videro le nebbie cominciare a salire dalla valle fino a coprire la montagna. I tre continuarono a salire lungo i ghiaioni situati sul versante sud. Giunsero alla Grotta dei Pagani. Alle otto e trenta affrontarono un camino con la guida in testa alla cordata. Avevano con sé una corda di sedici metri comperata a Bergamo, che risultò indispensabile. Raggiunsero la cresta terminale, affacciandosi sulla parete nord e sulla Val di Scalve. Nel frattempo le nebbie erano rimaste più in basso, formando un immenso mare di nubi. Non un nuvolo turbava lo sguardo a tramontana, ma a mezzogiorno l’immensa pianura stava tutta sepolta sotto una densa nebbia biancastra che, come vasto lenzuolo funebre, tutta la ricopriva; solo qua e là qualche punta più alta (cinque vette della Presolana, n.d.r.) fra i vicini monti sorgeva come isola, producendo l’illusione di vasto mare appoggiato ai fianchi meridionali della Presolana.

Alla sinistra dei tre alpinisti si ergeva una punta più bassa di una ventina di metri che una profonda spaccatura impediva loro di raggiungere e sulla quale si trovava un ometto di pietra forse eretto da cacciatori di camosci o da mandriani provenienti da Valzurio o dalla cresta che scende verso il Passo di Pozzera. Tale punta venne, poi, denominata Presolana di Castione.

Scrive ancora Curò: Frizzoni arditamente e solo si dirigeva verso quella sommità più alta, ove presto noi pure lo raggiungemmo, seguendo l’esilissima cresta, che per alcuni tratti ci obbligò a procedere a cavalcioni, con l’una gamba penzolante verso la Val di Scalve, l’altra verso Castione; dopo qualche decina di metri potemmo abbandonare quella strana cavalcatura e raggiungere, sempre però carponi, la desiata meta. Erano le undici. Sul punto più alto della cresta non trovarono alcuna traccia di precedenti ascensioni. Vuotata una bottiglia di pregiato Barolo, eressero il tradizionale ometto di pietra alto circa un metro, sotto il quale posero la bottiglia, all’interno della quale misero un biglietto con i loro nomi e la data della salita.

Curò effettuò, mediante un barometro aneroide di Goldschmid, alcune misurazioni e calcoli altimetrici, determinando l’altezza di 2549 metri della Presolana, molto vicina a quella attuale di 2521 metri. Coprirono i 1300 metri di dislivello in meno di sei ore. La discesa avvenne senza incidenti, lungo il canalone che si apre quasi immediatamente sotto la vetta, incrociandosi più in basso con la via di salita.

Dopo l’ascensione Curò riferì: Non offre vero pericolo a chi è molto pratico di montagne e non patisca il capogiro, ma non consiglierei a nessuno di accingervisi senza esser munito di solida fune e di esperta guida. Continua, poi, sostenendo che Pietro Medici aveva la competenza necessaria per essere un’ottima guida e che lo avrebbe raccomandato a chiunque fosse invogliato a tentare quella difficile ed emozionante escursione.

 Nel libretto di guida di Pietro Medici, Curò così riassunse l’esperienza affrontata: Il 3 ottobre 1870, partendo dalla Cantoniera del Giogo col tagliapietre Pietro Medici di Castione, raggiungemmo la vetta più alta della Presolana. Durante l’ultima parte di quell’ascensione, nuova per tutti noi e che, probabilmente, non era ancora stata eseguita da altri, la nostra brava guida dimostrò coraggio e sangue freddo non comuni, in più di un punto scabroso che si dovette superare, e si meritò i nostri sinceri elogi. Pel passo di Pozzera calammo in Val Presolana e di là per la romantica Val dei Mulini si scese a Castione, dopo circa dodici ore di viaggio.

 

 

Bibliografia:

Presolana, Angelo Gamba, Polografiche Bolis, maggio 1971

Per una storia sull’alpinismo bergamasco, Angelo Gamba, Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti, anno accademico 1984-85

Presolana, voci e silenzi, Editrice Cesare Ferrari, Angelo Pagliarin, Angelo Gamba, Guerino Lorini, luglio 1988

Bollettino numero 17, volume V° del Club Alpino Italiano del 1870.