La vita di Guido Ferrari

 

Guido Ferrari nasce a Treviglio, in provincia di Bergamo, il 9 settembre 1882 ed esercita il mestiere di commerciante di tessuti, secondo un’antica tradizione di famiglia. Fin da giovanissimo si avvicina al mondo della montagna con una notevole passione. Nel 1910 sposa Ida Stella, prima donna sciatrice iscritta al Club Alpino Italiano di Bergamo.

 Il 24 agosto del 1907, a 25 anni, apre con Carioni e Torri una via sulla parete Sud-Est del Pizzo del Diavolo di Tenda. Nei primi anni del ‘900 effettua una salita invernale al Pizzo Redorta, nel corso della quale riporta un importante congelamento alle dita dei piedi.

 L’8 dicembre del 1909 una valanga, staccatasi nei pressi del versante settentrionale del passo dei laghi Gemelli investe una comitiva di otto persone: Battista Oliva muore travolto dalla massa di neve ed è il primo skyatore-alpinista caduto in montagna. Altri due skyatori-alpinistirimangono in seguito coinvolti nell’incidente. Guido Ferrari, in compagnia del fratello Antonio di 29 anni, salendo dalla Val Canale, avrebbe dovuto incontrare la comitiva al Passo dei laghi Gemelli. Invece, insieme al fratello, raggiunge Branzi, dà notizia della sciagura e organizza i primi soccorsi. Tutti i giornali del tempo parlano dell’incidente ad incominciare dalla Domenica del Corriere.

 Il 23 febbraio 1913 vince lo sci d’oro in occasione delle Gare Nazionali di Sky organizzate dallo Sky Club Bergamo alla Cantoniera della Presolana, in Alta Valle Seriana. Nel 1914, in compagnia dei fratelli Antonio e Carlo Locatelli, effettua l’attraversata dei Lyskamm, impresa prestigiosa, considerati i tempi e la sua giovane età. Un’altra nuova via viene da lui affrontata sul Pizzo Scais ed un’altra, nel 1915, sulla parete Nord del Pizzo Coca, nelle Orobie.

Allo scoppio del Prima Guerra Mondiale viene chiamato alle armi all’età di 33 anni, “abile di terza”. Come soldato semplice viene arruolato per tre mesi nel 2° Alpini a Cuneo. Successivamente entra nell’Accademia Militare di Modena, dalla quale esce, dopo sei mesi di Corso Allievi UfficiaIi, con il grado di Sottotenente e viene assegnato al 78° Fanteria. Combatte nella zona dell’Ortigara, della Val d’Astico e sul Carso negli anni 1916 e 1917. Partecipa alla ritirata di Caporetto nel 1917. Non sopporta l’idea di restare in Fanteria, e per questo fa di tutto per venire trasferito nelle Truppe Alpine tra le sue amate montagne. E ci riesce: nel 1917 con il grado di Tenente, viene assegnato al Battaglione Alpini Mondovì di stanza al Passo del Gavia in Alta Valtellina. Reduce da sanguinose battaglie sui fronti più contesi, alla fine del mese di novembre del 1917, con i resti del disciolto Battaglione Ceva, il Battaglione Mondovì viene ricostituito con due Compagnie, la Nona e la Decima, ed entra a far parte del Secondo Gruppo della Prima Armata (1° Alpini). Guido Ferrari nel dicembre del 1917 è all’Aprica per un periodo di riposo; combatte, poi, nella zona di operazioni Camuna (Adamello, per un breve periodo) e nella zona della Alta Valtellina in Valfurva, in particolare sulle montagne della zona del Passo Gavia: Tresero, San Matteo, Mantello, Cima San Giacomo, Punta Pedranzini, Dosegu, ed in Valfurva: Passo dei Camosci Alti, Passo dei Volontari, Punta Thurwieser, Trafojer Eiswand, Monte Confinale, Cima della Manzina. Va ricordata l’azione che, su terreno molto difficile, in alta quota, l’11 maggio del 1918, ha portato all’occupazione della Cima San Giacomo, partendo dalla Val Cerena in Valfurva. Alla testa di ottanta Alpini, appartenenti alla Nona Compagnia del Battaglione Alpini Mondovì, Guido Ferrari raggiunge la Cima San Giacomo, importante posizione ai fini della successiva presa del San Matteo. Da questa posizione, infatti, gli Austro-Ungarici, prima dell’occupazione italiana, riuscivano a colpire le postazioni dei soldati italiani. In seguito al successo dell’azione Guido Ferrari viene decorato con una croce di guerra. È un appassionato di fotografia e, così, ama documentare, nei momenti liberi, quanto vede durante la Guerra Bianca. I suoi scatti, che utilizzano lastrine di vetro stereo, raccontano la crudezza e la durezza della guerra a oltre tremila metri. Purtroppo una notevole quantità delle sue fotografie va perduta nel corso della ritirata di Caporetto. Nel 1918 perde la moglie Ida Stella, vittima della impietosa epidemia di influenza spagnola.

Guido Ferrari è tra i primi a conoscere l’uso degli sci, che utilizza per gli spostamenti in montagna durante le operazioni belliche. Alla fine del conflitto viene trasferito in Tirolo nelle zone da poco occupate dai soldati italiani. È amico dei fratelli Calvi, in particolare di Nino Calvi, di GianMaria Bonaldi, figura mitica della Guerra Bianca, del Capitano Gennaro Sora, divenuto, poi, famoso quale eroe del Polo Nord, dei fratelli Antonio e Carlo Locatelli, quest’ultimo caduto sulla Cima Presena nel maggio del 1918. Secondo alcune testimonianze nel settembre del 1920 avrebbe dovuto essere con Nino Calvi durante l’ascensione lungo la parete Nord dell’Adamello. Nino Calvi lo contattò per chiedergli di partecipare alla salita, ma, per motivi di famiglia, dovette rinunciare all’impresa che ebbe un epilogo drammatico. Si racconta della sua amicizia con Cesare Battisti, la cui moglie, insegnante, pare fosse stata trasferita a Treviglio.

Nel 1920 sposa in seconde nozze Ginevra Reduzzi, che, talvolta, lo segue in montagna e che diviene madre dei suoi due figli: Ida e Gianfranco.

Guido Ferrari ha continuato a frequentare la montagna con assiduità anche in età matura. È tra i primi bergamaschi ad usare gli sci insieme ad altri personaggi mitici del mondo della montagna bergamasca quali Perolari, Tavecchi, Sala, Legler ed altri. I primi sky sono comparsi in provincia di Bergamo nel 1900, importati dalla Scandinavia insieme alle prime pelli di foca utilizzate per lo sci-alpinismo. Nel 1938 viene invitato a Milano ad un raduno per i Primi Ascensionisti Invernali sulle Alpi e per i Promotori delle Gare Sciistiche. Effettua svariate e pregevoli salite, arrampicando anche nelle Dolomiti. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale contribuisce ad aiutare la Resistenza, recandosi, talvolta, in bicicletta a Oltre il Colle per far visita al figlio Gianfranco partigiano. I mezzi utilizzati per raggiungere le valli alpine sono carrozza, bicicletta, motocicletta, treno, corriera. Lo si vede, in alcune foto, alla guida di un sidecar.

Il 1° agosto 1949, all’età di 67 anni, raggiunge con il figlio Gianfranco e una guida alpina la vetta del Cervino lungo la via normale italiana.

Nel 1956, durante una riunione degli Alpini a Rivolta d’Adda, viene investito da una motocicletta, riportando un forte trauma cranico; grazie al fisico molto forte, riesce a riprendersi. In seguito al grave incidente rimane affetto da improvvise crisi convulsive. Nonostante ciò, continua a frequentare la montagna con grande tenacia.

 E’ stato presidente della Sezione dell’ U.N.U.C.I. (Unione Ufficiali in Congedo d’Italia) di Treviglio, vice-podestà di Treviglio, podestà di Castelrozzone, presidente della S.E.T. ( Società Escursionisti Trevigliesi ) e tra i fondatori della Sezione del C.A.I. di Treviglio.

Muore a Treviglio il 30 settembre 1972.


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