In convegno per parlare di montagne e di clima

Il Gruppo Regionale del CAI Lombardo ha organizzato un incontro per discutere del delicato tema dell’aumento della temperatura globale, di cui il graduale scioglimento dei ghiacciai è l’espressione più vistosa

 

 

Sabato 18 marzo 2023 si è svolto presso il Palamonti un convegno dal titolo “Montagne lombarde e cambiamenti climatici”. L’incontro è stato organizzato dal Gruppo Regionale del CAI Lombardo. Ha moderato il convegno Jean Pierre Fosson di Fondazione Montagna Sicura di Courmayeur.

Primo relatore è stato Walter Maggi, professore ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Università di Milano-Bicocca e presidente del Comitato Glaciologico, che ha parlato di “Ghiacciai alpini: passato e futuro”. Il relatore ha ricordato che il 24 marzo 1895 è stata costituita la commissione per lo studio dei movimenti dei ghiacciai. Dalla fine dell’Ottocento il comitato conserva la memoria dei segnali di ritiro glaciale nelle Alpi, attraverso serie storiche di dati indispensabili per le analisi retrospettive e interpretare gli scenari futuri. La perdita di massa è diventata evidente dalla fine degli anni ’70. L’attività di rilevamento e di monitoraggio dei ghiacciai viene da sempre svolta dai soci cooptati e dalle collaborazioni con enti e associazioni regionali che permettono di ottenere il quadro più completo possibile dello stato dei ghiacciai italiani. Inoltre il CGI fornisce al World Glacier Monitor Service (WGMS-UNEP) dati italiani utilizzati per le sintesi globali. Da 108 anni, dal 1914, esiste un coordinamento delle campagne glaciologiche annuali in Italia. Attualmente i grandi ghiacciai superiori a 10 chilometri quadrati sono solamente tre: ghiacciaio dell’Adamello (14,6), ghiacciaio dei Forni (11,0) e ghiacciaio del Miage (11,0). Raccolgono circa il 10% del volume totale di tutti i ghiacciai. I ghiacciai con una superficie superiore al chilometro quadrato sono 87 e coprono il 74% dell’area. I rimanenti 816 ghiacciai sotto al chilometro quadrato coprono il 26% della superficie (www.glaciologia.it). Il 2022 è stato l’annus horribilis in Valle d’Aosta. Alcuni ghiacciai italiani vengono monitorati. Il ghiacciaio è un ecosistema che interagisce con tutte le “sfere”: atmosfera, biosfera, idrosfera, criosfera, litosfera.

Nel sistema alpino il ghiacciaio ricopre un ruolo importante: fornisce acqua per irrigazione ed energia, è parte importante del paesaggio. I ghiacciai sono un ecosistema fragile nel contesto del cambiamento globale. Esiste una relazione molto chiara tra i cambiamenti climatici in atto e la risposta dei ghiacciai. Tale risposta viene mediata dal loro rapporto tra accumulo invernale e perdita di massa estiva. Un esempio è la fase di isotermia tra la metà degli anni ’40 e la fine degli anni ’70 che hanno mostrato una, seppur breve, avanzata dei ghiacciai alpini su entrambi i versanti. I ghiacciai in Lombardia scompariranno se non si verificherà una drastica riduzione delle emissioni serra. Sulle Alpi rimarrà solo il 40% del volume degli attuali ghiacciai.

Claudio Smiraglia, past president del Comitato Glaciologico Italiano, è stato il secondo relatore e ha parlato di “Ghiacciai in crisi: metodologie e tecniche di adattamento e di mitigazione”. Trenta ghiacciai vengono utilizzati come rete di riferimento internazionale. Al cambiamento delle condizioni climatiche, in particolare negli ambienti che hanno nel clima il principale fattore limitante (alta latitudine e alta quota), gli organismi viventi si adeguano con varie modalità: adattamento, mitigazione, migrazione, rifugio, estinzione. Migrazione e rifugio: spostamento verso aree, normalmente a quota più elevata o più riparata, dove le condizioni meteoclimatiche permettono la sopravvivenza (aumento della quota della fronte e spostamento in zone meno esposte), con regresso graduale o anche con “amputazione”. Adattamento e mitigazione: riduzione di superficie e di volume, incremento della copertura detritica (i ghiacciai diventano “neri”). Estinzione: sulle montagne italiane tra il 1960 e il 2016 sono scomparsi 212 ghiacciai. Il ghiacciaio del Calderone è il simbolo dell’estinzione. Un tentativo di salvare i ghiacciai è rappresentato dalla copertura con teli riflettenti (mitigazione antropica). I cambiamenti morfologici modificano gli itinerari, le difficoltà, la pericolosità, i periodi dell’anno nei quali gli itinerari possono essere percorsi. Si verificano modifiche delle aree già prive di ghiaccio, delle aree proglaciali, della superficie dei ghiacciai nelle aree sommitali. Occorrono conoscenza, divulgazione e, con il beneficio del dubbio, proibizioni. Di questi tempi, dove la velocità del cambiamento è elevata, dobbiamo imparare ad adattare rapidamente abitudini e obiettivi, ricordando che anche la rinuncia o il cambio di programma non rappresentano una sconfitta, ma una forma di intelligenza adattativa.

Riccardo Scotti del Servizio Glaciologico Lombardo e del Comitato Glaciologico Italiano, ha presentato una relazione dal titolo “I ghiacciai della Lombardia e la crisi climatica “. I ghiacciai sono sentinelle del clima. A partire dall’epoca preindustriale (1865) la temperatura nelle Alpi (Sils Maria) è aumentata di 2 gradi (media annua). Dalla fine della piccola era glaciale (1850) i ghiacciai del Massiccio del Bernina Meridionale sono diminuiti del 54%. Si sta assistendo a un accentuato aumento delle temperature estive negli ultimi 40 anni. Dal 1991 in Lombardia 124 ghiacciai si

sono estinti. Ogni anno si perde un’area di 1.6 chilometri quadrati (220 campi di calcio). Attualmente sono presenti 203 ghiacciai. Il primo a scomparire in Lombardia sarà il ghiacciaio dell’Adamello, seguito da quello di Fellaria-Palù e da quello dei Forni.

Stefano Caserini, titolare del corso di mitigazione dei cambiamenti climatici del Politecnico di Milano, ha parlato di ”Urgenza delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici”. È necessario adottare una drastica e immediata riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Solo scenari con ingenti riduzioni di CO2 permetteranno di rispettare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi e di limitare gli impatti a lungo termine. Tra gli obiettivi dell’Unione Europea: riduzione interna delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e neutralità climatica nel 2050. Se si vuole limitare il riscaldamento globale la riduzione delle emissioni di gas climalteranti è molto urgente. Servono impegni a tutti i livelli: comunità internazionale, Stati, Regioni, Comuni, investitori, organizzazioni della società civile e singole persone. Non si deve negare il problema, rinviarlo o affrontarlo in modo superficiale, fingere di affrontarlo seriamente (greenwashing). Dobbiamo affrontare seriamente il problema, cogliendo le varie opportunità.

La morale comune non fornisce una guida etica per cercare di risolvere molti degli aspetti del cambiamento climatico, che è un grande problema globale, collettivo: ognuno di noi con le sue azioni, spinto dai propri desideri, contribuisce in piccola parte a un risultato che non era né voluto, né desiderato. Sono azioni innocenti, quotidiane, banali, come guidare una macchina o riscaldare la propria abitazione. Da sole le nostre emissioni non cambiano nulla, contano solo se unite a quelle di un numero abbastanza grande di persone: nessuno da solo sta cambiando il pianeta.

Il greenwashing è una strategia di comunicazione finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dagli effetti negativi per l’ambiente, dovuti alle proprie attività. La politica ha bisogno di consensi. Molte aziende cercano profitti su tempi brevi. Il greenwashing è una comoda scorciatoia. Esistono gli inattivisti del clima: chi diffonde disinformazione, chi inganna, chi cerca di dividere gli ambientalisti, chi vuole rallentare le azioni, chi sparge disperazione e rassegnazione.

Anche quando la catastrofe climatica sarà più avanzata, gli esseri umani continueranno a essere guidati non solo dalla ricerca di soddisfare i bisogni primari, ma anche dal loro desiderio di rendersi più attraenti. Scollegare i beni materiali più energivori dallo status simbolico di segnalazione sessuale potrebbe essere quindi molto utile, nei contesti affetti da iperconsumo e obesità del corpo e del sistema produttivo. La dimensione del sentimento è cruciale perché se sentiamo realmente la minaccia, è più probabile che saremo motivati ad agire. Ma è allora che saremo anche più angosciati e preoccupati, che dovremo gestire emozioni faticose, legate a sentimenti di paura, senso di colpa, rabbia, senso di perdita, impotenza. Così Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano, nel suo libro “Sex and the Climate”. Quello che nessuno vi ha ancora spiegato sui cambiamenti climatici”.

 Cosa possiamo fare per affrontare seriamente il problema dei cambiamenti climatici?

·      Riconoscere l’esistenza del problema: smettere di negare, di rinviare

·      Comprendere meglio quello che sta succedendo e che succederà, i motivi diretti e profondi

·      Ridurre i danni dei cambiamenti climatici in atto e inevitabili in futuro

·      Mitigare i cambiamenti climatici: ridurre le emissioni e potenziare gli “assorbimenti” delle foreste.

Il nostro adattamento ai cambiamenti climatici si può attuare cercando di ridurre i danni in atto e inevitabili nel futuro. Si possono predisporre sistemi di monitoraggio e di allarme. Si può contare sulla Protezione Civile, sui sistemi di soccorso, sulla diversa pianificazione del territorio, sulle modifiche delle tecniche costruttive di edifici e infrastrutture, sulla delocalizzazione di alcuni insediamenti, sulle assicurazioni, sulle tecniche di coltivazione e di irrigazione e sulla definizione di un piano di adattamento mediante linee guida e priorità.

La mitigazione dei cambiamenti climatici può attuarsi mediante la riduzione delle emissioni e potenziando gli assorbimenti di gas serra. Ciò può avvenire tramite un risparmio energetico, con un aumento dell’efficienza energetica nella produzione di energia e del consumo finale di energia, con il passaggio a combustibili con minori emissioni di CO2, con la produzione di energia non fossile, con la cattura di CO2 dai fumi di stoccaggio e con interventi su altri gas serra (CH4, N2O, F-gas). Per alcune forme di energia rinnovabile e per le batterie per le auto elettriche il costo unitario è molto diminuito e il loro uso continua ad aumentare. L’energia solare può essere di tipo fotovoltaico, a concentrazione e di tipo termico. Punto critico la produzione energetica non costante e programmabile, ma variabile con l’insolazione, necessitando di sistemi di accumulo dell’energia prodotta. Grande è lo sviluppo di soluzioni innovative per minimizzare l’impatto paesaggistico. Vi sono le prime installazioni sulle superfici di laghi e bacini idroelettrici. L’installazione dell’agrofotovoltaico minimizza la sottrazione di terreno agricolo. Con l’utilizzo di moduli fotovoltaici semitrasparenti parte della luce raggiunge le piante e si protegge il raccolto dalla grandine, dalla pioggia intensa e dal calore. Esiste un grande interesse per l’installazione del fotovoltaico su aree non utilizzate come lungo le infrastrutture di trasporto. Per garantire una maggiore efficienza energetica nei consumi finali termici degli edifici si possono adottare criteri costruttivi per l’isolamento dei nuovi edifici. Si possono realizzare interventi di isolamento su edifici esistenti, utilizzare caldaie ad alta efficienza e pompe di calore. Per ridurre le emissioni specifiche dei veicoli è bene ricordare che un motore diesel è più efficiente nel convertire in energia cinetica l’energia del combustibile (28% diesel vs 16% benzina). Va tenuto, comunque, presente che il motore elettrico e la cella a combustibile sono molto più efficienti del motore a scoppio, ma elettricità e idrogeno sono vettori energetici che devono essere prodotti; le emissioni sono solo indirette e dipendono dalle modalità di produzione. La filiera elettrica è tanto più vantaggiosa tanto più è disponibile elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Attualmente i veicoli diesel o benzina emettono una quantità di CO2 tre volte superiore rispetto a quella prodotta da veicoli elettrici EU. Gli individui con uno statuS socioeconomico elevato contribuiscono in modo sproporzionato alle emissioni e hanno il più alto potenziale di riduzione delle emissioni, ad esempio, come cittadini, investitori, consumatori e professionisti. Eliminare la povertà estrema, la povertà energetica e fornire standard di vita dignitosi in tutte le regioni con basse emissioni di gas serra, nel contesto del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, a breve termine, può essere effettuato senza un aumento significativo delle emissioni globali. L’innovazione ha fornito opportunità per ridurre le emissioni o diminuire l’aumento delle emissioni, e ha creato co-benefici sociali e ambientali.

Esiste la necessità di evitare il lock-in della tecnologia fossile, ossia di prepararsi in anticipo ad un sistema energetico elettrificato rinnovabile. Occorre gestire i conflitti della transizione (Just Transition) e garantire equità nell’utilizzo degli incentivi.

Le azioni di mitigazione hanno molti co-benefici. Le politiche sul clima permettono di rispondere anche ad altri importanti obiettivi strategici: sicurezza dell’approvvigionamento energetico, riduzione dei costi per l’importazione dell’energia, miglioramento della qualità dell’aria, competitività del settore nelle nuove tecnologie, sviluppo di nuovi posti di lavoro, nuovi conflitti geopolitici.

Frank Raes, già Joint Research Center European Commission, fondatore e direttore del Museum of Anthropocene Technology di Laveno-Mombello, Festival delle Meraviglie, ha presentato una relazione dal titolo “Oltre la mitigazione e l’adattamento: cambiare cultura”. La natura rappresenta il teatro delle vicende umane che con essa si intrecciano. Gli individui consumano, le aziende producono, gli amministratori decidono. Il relatore ha sottolineato l’urgenza di fare cordata, coinvolgendo i giovani ed evitando la politicizzazione della crisi climatica. Chi frequenta la montagna (in particolare il CAI) e conosce deve saper comunicare agli altri ciò che sa. Si vuole affrontare l’emergenza climatica per preoccupazione, per portare benefici alla qualità della vita, per offrire opportunità economiche, lavoro e competitività, per allontanarsi da una mentalità consumistica, per seguire ciò che la scienza ci dice.

 

 

16.07.23